La dislessia è un argomento poco trattato al cinema. Tuttavia, i pochi film che ne parlano sono davvero ben fatti e meritano di essere visti.
Uno dei pregi del cinema è mostrarci un tema da una prospettiva diversa. Attraverso una storia possiamo immedesimarci in chi vive la dislessia in prima persona.

La visione di brevi filmati o scene significative di un film è una delle prassi utilizzate nei percorsi di formazione per gli insegnanti e nei training rivolti ai genitori.
Scopriamo due film sulla dislessia molto interessanti e riflettiamo su come possano tornarci utili nell’esperienza concreta del nostro rapporto coi disturbi specifici dell’apprendimento.
“Stelle sulla terra”: la storia di un alunno dislessico e del suo maestro
“Stelle sulla terra” è uno dei film più noti sulla dislessia.
Il protagonista si chiama Ishaan, ha 9 anni e sembra presentare tutte le caratteristiche della dislessia. Tuttavia, né i genitori né gli insegnanti riconoscono i segnali della dislessia. Perciò inizialmente attribuiscono l’insuccesso scolastico di Ishaan a fattori personali, come pigrizia, incapacità e scarso impegno. Fortunatamente nella scuola subentra un nuovo maestro, in grado di comprendere la vera causa delle difficoltà di Ishaan.

Il primo passo è accompagnare i genitori alla scoperta di questo “nuovo mondo”. Infatti, una delle scene più significative di questo film è proprio il colloquio del maestro con i genitori di Ishaan: il padre appare sospettoso e molto svalutante nei confronti del figlio, ma egli non ha mai sentito parlare di dislessia fino a quel momento.
La strategia che utilizza il maestro è proprio quella dell’immedesimazione.
Egli mostra al padre di Ishaan una scritta in giapponese e afferma: “Mi legga questo“. Ecco, questo è esattamente ciò che prova un bambino dislessico che non è “riconosciuto” in tempo: imbarazzo, vergogna, senso di incapacità, bassa autostima, confusione.
Il secondo passo compiuto dal maestro è intercettare e valorizzare i pregi di Ishaan: non impiegherà molto a scoprire il suo spiccato talento per il disegno e la sua creatività. Ishaan si esprime molto attraverso l’arte e questa sua predisposizione porterà una svolta nella sua vita scolastica.
La morale di questo film è che un “buon incontro”, come quello di Ishaan con il nuovo maestro, può cambiare la vita in meglio. Il presupposto di un “buon incontro” è garantire la formazione sui DSA agli insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado.
I Disturbi Specifici dell’Apprendimento sono una costante nella vita delle persone: non “passano” come un raffreddore. La dislessia resta, ma i bambini sono “soggetti in età evolutiva”; ciò significa che essi “evolvono”, maturano e attivano nuove competenze. Avere un DSA non significa non essere in grado di imparare.
Pertanto è opportuno che gli insegnanti siano preparati ed in grado di adeguare il Piano Didattico Personalizzato al nuovo ciclo di scuola: dalla primaria alla secondaria di primo e secondo grado.
Avere cura di questi passaggi, adattando le misure compensative e dispensative ai nuovi bisogni “evolutivi” degli alunni, è fondamentale per l’inclusione e il successo scolastico dei bambini con DSA.
“Il piccolo Nicolas e i suoi genitori”: a ciascuno il suo metodo
“Il piccolo Nicolas e i suoi genitori” è un film francese del 2009, diretto da Laurent Tirard. Il focus della storia è sulle relazioni familiari e sull’accoglienza di un nuovo fratellino.
Benché nella storia non si parli apertamente di dislessia, nelle scene ambientate a scuola, si nota l’abilità della maestra di Nicolas. Durante un’interrogazione, la maestra chiede a Nicolas il nome del fiume che attraversa Parigi. Vedendo la difficoltà del bambino a ricordare la risposta, la maestra aiuta a rievocare facendo leva su un’esperienza vissuta da Nicolas: “Non sei stato sul Bateu-Mouche con i tuoi genitori?“. Grazie a questa associazione mentale, il bambino riesce a rispondere correttamente alla maestra.

Questo episodio dimostra come ciascun bambino abbia una conoscenza ben più ampia di quella che riesca ad esprimere.
La maggior parte delle persone considera la memoria come un “archivio” di concetti e nozioni. In realtà, la memoria è un processo dinamico, piuttosto che un “luogo” statico della nostra mente. Inoltre, la capacità di ricordare è fortemente legata all’emozioni e all’esperienza diretta.
La mente umana ricorda più facilmente le informazioni apprese nella “pratica” e mediante esperienze soggettive. Se poi l’esperienza diretta è piacevole e connotata da emozioni positive, è presto detto.
L’apprendimento è prima di tutto un’esperienza. Affinché si verifichi apprendimento, è necessario che tale esperienza sia significativa per il bambino, ovvero che coinvolga i suoi stessi interessi, passioni e motivazioni. La scuola è il luogo ideale in cui fare esperienza diretta della conoscenza.
Per tale ragione, di recente si sta diffondendo una didattica “laboratoriale”, che predilige la pratica alla teoria. Una scuola davvero inclusiva non può prescindere dalle caratteristiche soggettive dei bambini e dalla loro esperienza.
Un altro ingrediente indispensabile per stimolare l’apprendimento è la relazione di fiducia reciproca tra maestra e alunno. Il compito di un insegnante non dovrebbe essere soltanto quello di valutare una performance.
Per svolgere un lavoro efficace, dovrà calare la sua attenzione su ogni singolo bambino e mettersi in ascolto dei suoi bisogni emergenti. Se la maestra di Nicolas non avesse saputo dove il bambino ha trascorso le vacanze, non sarebbe stata in grado di sollecitarlo a ricordare il nome del fiume che attraversa Parigi. Allora instauriamo una buona relazione, facciamoci raccontare e prendiamo nota…

Chiara Auletta
Psicologa, laureata in Psicologia dinamica, clinica e di comunità. Ha ricoperto il ruolo di referente presso sportello d’ascolto scolastico e si è formata come Tutor DSA.